Le scene viste oggi – e in questi giorni – nelle piazze italiane ed europee, con cortei a favore di Gaza, bandiere bruciate, slogan urlati e tensioni crescenti, dimostrano ancora una volta che certe manifestazioni non hanno nulla a che fare con la pace. Anche la protesta di oggi a Roma, iniziata formalmente in modo pacifico, si è conclusa come troppe altre: un gruppo di manifestanti ha dato vita ad atti di violenza, scontrandosi con la polizia e trasformando le strade della Capitale in un campo di battaglia.
Questa è la realtà: la parola “pace” viene agitata come un vessillo dietro il quale si nascondono odio ideologico, rancore politico e cieca partigianeria. Questi cortei non fermano le bombe, non salvano una sola vita, non costruiscono alcun dialogo: alimentano solo la tensione sociale e servono a incanalare la rabbia contro il “nemico” di turno. La violenza di piazza diventa così il vero epilogo di manifestazioni che nulla hanno di costruttivo.
Emblematico, poi, il destino della cosiddetta “Flotilla”, l’operazione propagandistica organizzata per “rompere l’assedio” di Gaza: una missione miseramente fallita, utile solo per le telecamere e per agitare le piazze, ma totalmente irrilevante sul piano concreto. Un’azione simbolica, priva di risultati, che svela la natura reale di queste iniziative: propaganda mascherata da umanitarismo.
Chi davvero lavora – nel silenzio e con mezzi concreti – per una soluzione politica al conflitto israelo-palestinese è altrove. È nei colloqui diplomatici, nelle mediazioni difficili, negli accordi che richiedono competenza e coraggio, come quelli promossi da Donald Trump, uno dei pochi leader mondiali ad aver prodotto risultati tangibili in Medio Oriente. Ma chi oggi urla per Gaza odia proprio Trump e chiunque rappresenti un ordine diverso dal loro. La pace, per costoro, non è un obiettivo: è un alibi.
Ecco allora che la sinistra utilizza Gaza come un cavallo di Troia per i propri fini. Strumentalizza la guerra tra Israele e Hamas per attaccare l’esecutivo, per sfilare contro il governo, per rilanciare un’agenda ideologica sempre più logora. Non importa se Hamas è un’organizzazione terroristica, non importa se Israele combatte per la propria sopravvivenza: ciò che conta è avere un pretesto per urlare contro il governo, contro l’Occidente, contro chi difende i valori democratici.
Chi vuole davvero la pace lavora per la pace. Chi invece cerca solo lo scontro, occupa le piazze. E le piazze, come vediamo, servono oggi soltanto a un vecchio progetto politico travestito da solidarietà internazionale. Dietro lo slogan “Free Gaza” si nasconde troppo spesso un “Down with the West” – “Abbasso l’Occidente”. E chi ama davvero la pace dovrebbe ormai averlo capito.