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Gaza e Tel Aviv festeggiano: l’accordo di pace mediato da Donald Trump è realtà. Palestinesi e israeliani nelle strade, abbracci, applausi, persino selfie con la maschera di Trump.

Una scena che smentisce anni di retorica antiamericana e anti-israeliana.

Ma ora i manifestanti pro-Palestina, che per mesi hanno riempito le piazze urlando contro Israele e contro l’Occidente, come reagiranno? Daranno atto a Trump di aver fermato la guerra? Difficile. Perché per certa sinistra, la pace non è mai una buona notizia se non arriva dal “campo giusto”.

Questa tregua è una sconfitta simbolica per chi ha costruito la propria identità politica sul perenne antagonismo. La “missione della Flottilla”, ora derisa persino da alcuni suoi ex sostenitori, si rivela per quello che era: propaganda travestita da pacifismo.

La realtà, invece, parla chiaro: la diplomazia di Trump ha ottenuto ciò che l’Europa e le sinistre non hanno saputo o voluto perseguire — risultati concreti.

Mentre a Gaza si balla per la fine dei bombardamenti e a Tel Aviv si piange di gioia per il ritorno degli ostaggi, qualcuno in Europa deve ora reinventarsi un nuovo pretesto per scendere in piazza. Perché la pace, quella vera, lascia senza slogan chi vive di protesta permanente.

24570cookie-checkLa pace a Gaza grazie a Trump. E ora la sinistra cosa farà?

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