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Un’altra battaglia in difesa dell’umano sta per iniziare. È quella contro la liberalizzazione della droga. Non è, tuttavia, l’unica battaglia che dovremo combattere. Ci sono altre battaglie ugualmente importanti che non possiamo disertare. Una di queste, ad esempio, è quella contro l’eutanasia, di cui abbiamo già fatto stato.

La battaglia, invece, contro la droga, di cui stiamo parlando, non è, tuttavia, una battaglia facile. La difficoltà è data, da una parte, dal fatto che non sempre chi dovrebbe combatterla lo fa. Anche perché molti sono gli assuntori nascosti, in tutti gli strati della società e che hanno interesse che vi sia una liberalizzazione delle droghe leggere. Anche, tuttavia, la cultura individualista, edonista e nichilista di cui è pregna la nostra società – che esalta una sempre più assoluta autodeterminazione degli individui – non aiuta.

In tale clima si inserisce la proposta di referendum sulla liberalizzazione della droga leggera, di cui faremo stato più avanti. Riteniamo, tuttavia, utile proporre prima una breve storia di come l’ordinamento giuridico si è posto sul problema droga.

Prima del ’68 e dopo: la legge del 1975 e la “modica quantità”

Prima degli anni 1970 l’ordinamento giuridico italiano considerava reato sia lo spaccio sia il consumo di droga. Come afferma Alfredo Mantovano, l‘art. 6 della legge n. 1041 del 22 ottobre 1954 puniva con la reclusione da tre a otto anni e con la multa chi deteneva sostanze stupefacenti, a prescindere quantità e dalla qualità delle stesse. Con la rivoluzione culturale libertaria del 1968, dopo pochi anni, si ha una svolta con l’approvazione della legge 22 dicembre 1975 , n. 685.

L’articolo cardine di tale legge è l’art. 80 che in antitesi con il quadro normativo precedente, considera non punibile chi acquista o detiene “modiche quantità” di stupefacenti se esse sono destinate a “uso personale”. Questa norma di fatto legalizza il possesso di droga. Il concetto di “modica quantità”, “per uso personale”, infatti, nell’applicazione giurisprudenziale acquista un’estensione che va al di là della singola dose. Tale legge affronta il recupero in un’ottica di medicalizzazione, più che come un percorso che coinvolge l’intera persona.

1990, la legge “Vassalli-Russo Jervolino”: rigore e incentivi per il recupero

Nel 1990 dopo quindici anni si ritiene di mutare linea. La riforma si era resa necessaria per l’esplosione dell’AIDS, che esigeva un’accentuazione delle politiche di prevenzione. Vi è stato, dunque, un riordino delle norme che disciplinavano la materia in un testo unico, la legge n. 162/1990, che è confluito poi nel D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309.

Con questa disciplina, in un’ottica diametralmente opposta alla precedente, venivano puniti il traffico e lo spaccio ma anche l’assunzione di sostanze stupefacenti. L’assunzione era sanzionata in via amministrativa, come la detenzione di droga nei limiti della “dose media giornaliera”. Questa era stabilita con decreto ministeriale. Nei casi più gravi, invece, era comminata una sanzione penale. Tale legge rappresenta ancor oggi il il testo di riferimento in tema di droga. La norma chiave di tale legge è l’art. 75.

L’art. 75 del DPR n. 309/1990

Chiunque, per farne uso personale, illecitamente importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque detiene sostanze stupefacenti o psicotrope.

Le sanzioni amministrative previste sono la sospensione della patente di guida, la licenza di porto d’armi, il passaporto e il permesso di soggiorno. C’è da dire che sotto la vigenza della legge del 1975 i limiti della dose media giornaliera venivano lasciati alla discrezionalità del giudice. Con tale legge, invece, i limiti sono fissati da un decreto del ministro della Sanità.

Il referendum “radicale” del 1993 e i suoi effetti devastanti

Il referendum dell’aprile 1993 influì notevolmente sulla disciplina attraverso l’abrogazione di articoli importanti della legge n. 162/1990. Vi erano stati dei risultati positivi dopo la riforma del 1990, con la diminuzione dei decessi per assunzione di droga e il reale recupero di tanti tossicodipendenti. Il referendum del 18 aprile 1993 promosso dal partito radicale, invece, ha frenato bruscamente i risultati positivi che si erano avuti. Il quesito referendario aggredisce la norma chiave del DPR n. 309/1990, cioè l’art. 75. L’impianto legislativo originario perdeva così il suo equilibrio d’insieme. Per effetto del referendum, era diventata illecita soltanto l’attività di spaccio accertata sicuramente come tale. Anche la detenzione di quantità non irrilevanti di stupefacenti, non accompagnata dai comportamenti inequivocabili di cessione a terzi, era penalmente irrilevante.

La riforma del 2006: il richiamo alla responsabilità

La l. 28-1-2006, n. 309, nota come “Fini-Giovanardi’‘ dal nome dei due primi firmatari, si caratterizzava per un inasprimento delle sanzioni. Erano punite le condotte di produzione, traffico, detenzione illecita e uso di sostanze stupefacenti. Veniva abolita la distinzione fra droghe leggere (es. cannabis) e droghe pesanti (es. eroina). Tutte le droghe diventavano uguali davanti alla legge. Non vi erano più 4 tabelle di sostanze ma soltanto 2 e veniva reintrodotto il parametro quantitativo per distinguere tra consumo personale e spaccio. Veniva punito chi acquistava, riceveva a qualsiasi titolo o comunque illecitamente deteneva sostanze stupefacenti che apparissero destinate a un uso non esclusivamente personale o per quantità, o per altre circostanze dell’azione. Il consumo personale veniva sempre sanzionato in via amministrativa e per il consumatore socialmente pericoloso erano previste diverse misure di sicurezza (obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria, divieto di condurre veicoli a motore, divieto di frequentare locali pubblici).

La soglia di punibilità veniva individuata nell’uso non esclusivamente personale, secondo un giudizio da condurre sulla base dei criteri richiamati dalla norma.

2014: la sentenza della Corte Costituzionale dichiara illegittime alcune disposizioni

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 32 del 12 febbraio 2014 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale  di alcune disposizioni della riforma del 2006 a cominciare da quella che equipara le droghe cd. “pesanti” e le droghe cd. “leggere”. Gli stupefacenti risultavano, pertanto, nuovamente ricompresi, subito dopo la dichiarazione di incostituzionalità, in sei tabelle. Le sei tabelle successivamente sono state rideterminate in cinque nella loro composizione dal successivo d.l. n. 36/2014, conv. in legge n. 79/2014.

2019: la Corte Costituzionale dichiara la illegittimità di una parte dell’art. 73 Dpr 309/1990

La Corte Costituzionale, con sentenza 8 marzo 2019, n. 40, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del primo comma dell’art. 73 del Dpr 309/1990, nella parte in cui in cui prevede la pena minima edittale della reclusione nella misura di otto anni anziché di sei anni.

Il reato di cui all’art. 73 D.P.R. n. 309/1990 nell’attuale formulazione

L’attuale art. 73 primo comma del DPR n. 309/ 1990, recita:

1. Chiunque, senza l’autorizzazione di cui all’ articolo 17 , coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella I prevista dall’ articolo 14 , è punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro 26.000 a euro 260.000.

L’azione del Fronte libertario rivoluzionario sulla droga

Il Fronte Libertario rivoluzionario, Radicali in primis, da pochi giorni, ha depositato 630 mila firme raccolte a favore del referendum abrogativo che liberalizzi la “droga leggera” cioè la cannabis. L’Ufficio centrale per i referendum della Corte, nelle prossime settimane, dovrà vagliare la validità delle firme. Se darà il via libera, la parola passerà alla Consulta, a cui spetta la valutazione sulla legittimità del quesito.

Il quesito referendario ha l’intento di abrogare alcune parti del Testo Unico in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, di cui al d.P.R. 309/1990.

Il referendum si propone di depenalizzare la condotta di coltivazione di qualsiasi sostanza stupefacente intervenendo sulla disposizione di cui all’art. 73, comma 1. Inoltre, si propone di eliminare la pena detentiva per qualsiasi condotta illecita relativa alla Cannabis, con eccezione della associazione finalizzata al traffico illecito.

Sul piano amministrativo, invece, il quesito propone di eliminare la sanzione della sospensione della patente di guida e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori. Attualmente tale sanzione è destinata a tutte le condotte finalizzate all’uso personale di qualsiasi sostanza stupefacente o psicotropa.

IL QUESITO DEPOSITATO sulla liberalizzazione della droga leggera

I promotori del referendum hanno depositato presso la Cassazione le 630 mila firme con il seguente quesito referendario:

“Volete voi che sia abrogato il Decreto del Presidente della Repubblica del 9 ottobre 1990, n. 309,  avente ad oggetto “Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza“, limitatamente alle seguenti parti: 

l’Articolo 73, comma 1, limitatamente all’inciso “coltiva”; 

Articolo 73, comma 4, limitatamente alle parole “la reclusione da due a 6 anni e”; 

Articolo 75, limitatamente alle parole “a) sospensione della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori o divieto di conseguirli per un periodo fino a tre anni;”?”

Le bugie e i luoghi comuni sulla droga leggera

I promotori della liberalizzazione delle droghe leggere diffondono artatamente delle bugie che sono diventati veri e propri luoghi comuni.

Se la droga è “leggera” (cannabis, hashish) anche gli effetti dovrebbero essere leggeri. (FALSO!)

30 anni fa le perizie tossicologiche effettuate sui derivati della cannabis sequestrati facevano registrare una percentuale di Thc che si aggirava mediamente sull’1%. La cannabis più potente che si trova in natura non supera il 2.5%. Sono anni e anni che nei derivati della cannabis sequestrati si riscontra una media di principio attivo che va dal 12% della marijuana al 17% dell’hashish.

La liberalizzazione sarebbe un duro colpo per la criminalità organizzata (FALSO!)

Il problema principale non è lo sfruttamento criminale della cessione di stupefacenti, ma il fatto che un terzo degli studenti italiani li assuma. È questo il vero rovesciamento di prospettiva che sapientemente viene tenuto nell’ombra. L’esperienza degli Usa è indicativa. 20 Stati hanno legalizzato il fumo di cannabis per uso medico e due anche per uso ricreazionale. L’esito è che la legalizzazione della cannabis aumenta soprattutto la quantità consumata pro capite. Perciò è prevedibile che il guadagno per gli Stati derivante dall’introito delle accise applicate alla cannabis legale potrebbe venire annullato dalle maggiori spese connesse al trattamento dei suoi effetti cronici.

Nessuno è mai morto per aver fumato una canna. E perché mai si può acquistare alcool e sigarette, ma non cannabis? (FALSO!)

La diffusione dell’alcool e del tabacco incontrano limiti importanti, soprattutto dopo la legge introdotta nel 2003 tutto è cambiato. Il tabacco è bandito da ogni luogo pubblico e dalla maggior parte dei luoghi privati. Si possono bere due birre invece che una, poi però non ci si può mettere alla guida, e chi lo fa rischia pene severe. La cannabis ha, invero effetti devastanti e non sempre reversibili sulla psiche.

Le alte percentuali di principio attivo rendono pericolosa l’assunzione di droghe leggere anche per il danno che si può procurare agli altri. Si pensi agli incidenti causati da persone che guidavano sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. L’alcol è in grado di determinare effetti nocivi sulla salute sia fisica, sia psichica. E’ un dato accertato che questo avvenga per dosi progressivamente crescenti di alcol e in un tempo molto più lungo. L’altra differenza importante rispetto alla cannabis risiede nel fatto che gli episodi acuti psicotici transitori di cui è responsabile la cannabis non si verifichino con l’alcol. Mentre un episodio psicotico transitorio si può verificare in una persona anche alla prima assunzione di cannabis, non si verifica alla prima assunzione di alcol.

La liberalizzazione della droga leggera è una battaglia per consentire a tutti di scegliere per conto proprio. (FALSO!)

La cultura relativista ed edonista accompagnata al diritto a un’assoluta autodeterminazione di se stessi ha falsato il concetto di libertà La libertà è essere nelle condizioni di rispettare se stessi e di raggiungere gli obiettivi che ci si è posti. La libertà non è un valore assoluto, ma un valore funzionale al perseguimento di valori più importanti. Una libertà assoluta, una libertà così ampia, cozza contro la libertà degli altri. Il punto è che una persona non ha la libertà di danneggiare gli altri, ma nemmeno di danneggiare se stessa. Alla fine degli anni 1980 fu introdotta in Italia la legge che imponeva il casco per i motociclisti e oggi è un dato scontato quasi per tutti, eppure limita la libertà.

Conclusioni

La battaglia contro la liberalizzazione delle droghe leggere per le ragioni fin qui esposte è una battaglia da combattere. Non è una battaglia moralistica, o confessionale, ma è una battaglia di buon senso e di civiltà. Come il ddl Zan, per ora, è stato respinto perché era una legge pericolosa e liberticida, così è necessario comprendere che quella contro la droga è una battaglia che ci deve vedere tutti protagonisti per evitare la deriva della nostra nazione.

shallow focus photography of cannabis plant droga
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21390cookie-checkDroga: un’altra battaglia per l’umano

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