L’approvazione dell’eutanasia farà fiorire il business della “dolce morte”.
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L’associazione Luca Coscioni, di area radicale, ha annunciato di aver raggiunto le 750.000 firme per il referendum sull’eutanasia. Non pochi, tuttavia, sono i dubbi – anche da parte di illustri giuristi – circa la costituzionalità del referendum proposto dall’associazione radicale. Il referendum che sdoganerebbe l’eutanasia in Italia prevede, infatti, il seguente quesito:
Il quesito referendario sull’eutanasia
Volete voi che sia abrogato l’art. 579 del codice penale (omicidio del consenziente) approvato con regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, comma 1 limitatamente alle seguenti parole «la reclusione da sei a quindici anni.»; comma 2 integralmente; comma 3 limitatamente alle seguenti parole «Si applicano»?
È evidente che l’approvazione di un tale quesito aprirebbe la strada al far west della dolce morte. Vediamo perchè.
Come sarà l’art. 579 c.p. , se dovesse passare il referendum sulla “dolce morte”
Tale referendum, difatti, modificherebbe l’art. 579 c.p. in tal senso:
Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con
la reclusione da sei a quindici anni. Non si applicano le aggravanti indicate nell’articolo 61. Si applicanole disposizioni relative all’omicidio [575-577] se il fatto è commesso:1. Contro una persona minore degli anni diciotto;
2. Contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti;
3. Contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno [613 2].
Conseguenze negative se passasse il referendum sulla “dolce morte”
Una siffatta modifica dell’art. 579 c.p. eliminerebbe o almeno attenuerebbe artatamente l’antigiuridicità dell’omicidio. Il “Chiunque” – incipit dell’articolo – evidenzia in modo chiaro che, non saranno soltanto i medici a poter procurare l’eutanasia a chi la richiedesse, ma che tutti potenzialmente potranno infliggere la morte a un altro essere umano consenziente. Non saranno, oltretutto, neppure circoscritte le modalità di soppressione del consenziente, che potrà paradossalmente essere ucciso con un’iniezione letale, con un’arma da fuoco, con un coltello, con un veleno, con l’annegamento in una vasca da bagno, per strangolamento e in svariati altri modi. Come non saranno neppure determinate e circoscritte le motivazioni che potrebbero portare la persona consenziente a richiedere la propria uccisione. La nuova previsione normativa, qualora approvata, in poche parole, potrebbe legalmente portare un soggetto a richiedere la propria uccisione ad un terzo, esentando quest’ultimo da responsabilità penale, l’importante è che l’omicidio non ricada nei tre casi punibili previsti dall’art. 579. La morte, pertanto, potrebbe essere richiesta per le più svariate ragioni, come ad esempio: l’esito infausto di una diagnosi medica, un insuccesso lavorativo, un tracollo finanziario, un momento di sconforto, di depressione, o soltanto una delusione affettiva.
Moltiplicazione dei contenziosi
Tutto ciò, però, non mancherà di suscitare sul piano giudiziario la moltiplicazione di contenziosi. Sarà, infatti, proprio l’accertamento dell’esistenza e della validità del consenso di chi ha richiesto la “dolce morte”, che sarà al centro di indagini, controversie e contenziosi volti a verificare se questo sia stato prestato personalmente, spontaneamente, seriamente, senza violenza, minaccia o suggestione, da persona capace d’intendere e volere.
La forma e il modo del consenso, difatti, sono irrilevanti. Non è richiesto l’atto scritto e il consenso può essere addirittura tacito. Il consenso, tuttavia, deve sussistere al momento della commissione dell’atto omicidiario.
In teoria, nulla vieterà a un parente, o a chi per lui, di far fuori per interesse il proprio congiunto costruendo le prove di un falso consenso da lui prestato. Con il tempo nessuno si fiderà più di nessuno. Inizierà a serpeggiare, soprattutto, tra gli anziani e i malati un clima di sfiducia sociale e ciò avverrà soprattutto in contesti in cui i rapporti familiari sono più degradati.
Il business della “dolce morte”
Non saranno, tuttavia, soltanto queste le conseguenze nefaste di un eventuale esito positivo del referendum sull’eutanasia. Nel “chiunque” dell’art. 579 c.p., infatti, è necessario ricomprendere anche coloro che in questo cambio di normativa approfitteranno per costruire il business della “dolce morte”.
Non sono, infatti, da trascurare gli interessi e gli appetiti economici che susciterà l’eutanasia legale, con la nascita di società e associazioni orientate a fare della “dolce morte” un business. Tali associazioni avranno l’interesse ad incentivare socialmente una sempre più pervasiva cultura di morte, funzionale al business. E, così, in Italia, come in Svizzera, nasceranno vere e proprie cliniche della “dolce morte”. A tal proposito è significativo – come riferisce la SWI swissinfo.ch – che talune associazioni, in Svizzera, per svolgere le loro attività omicidiarie, “hanno cambiato più volte gli appartamenti utilizzati per il suicidio assistito, a causa delle lamentele dei vicini, e in mancanza di locali autorizzati sono arrivate persino a portare a termine l’operazione dentro automobili”.
Come viene praticata l’eutanasia
Questa, tuttavia, non è la regola, infatti, il malato, o anche la persona che decide di voler porre fine alla sua vita e decide di rivolgersi a questi centri, viene portato nella struttura che si occupa di aiutare a morire il richiedente e qui si procede con la somministrazione di un antiemetico che blocca il vomito. Dopo mezz’ora comincia il vero e proprio processo che pone fine alla vita.
Viene, infatti, somministrato il pentobarbital di sodio. Se è in grado dovrà essere lo stesso paziente con la sua stessa mano a bere la soluzione in acqua col farmaco. Dopo due minuti giunge il coma profondo; poi viene paralizzata la respirazione. La morte giunge tra i 10 ai 15 minuti dall’inizio delle operazioni.
Quanto costa l’eutanasia?
A quanto ammonta, tuttavia, il costo di un trattamento di morte in tali centri che ben presto fioriranno anche in Italia? Le cliniche della morte che si trovano perlopiù in Svizzera richiedono dai 13 mila ai 15 mila euro per donare ai parenti il congiunto bello e morto.
Conclusione
Quella dell’eutanasia è, tuttavia, un’ulteriore tappa di quella cultura di morte, che dal ’68 del secolo scorso sta “demoralizzando” l’ethos del popolo italiano. Come recentemente ha precisato la Conferenza Episcopale Italiana: “scegliere la morte è la vittoria di una concezione antropologica individualista e nichilista. Chi si trovi in condizioni di estrema sofferenza va aiutato a gestire il dolore non a eliminare la propria vita”. La battaglia contro l’eutanasia non può lasciare nessuno indifferente. È in gioco la vita, è in gioco la tenuta della nostra civiltà.
Questo mondo malato sembra già l’inferno, ma questi diavoli fanno le pentole senza coperchio, quando il coperchio invece sarà ben messo sarà “stridore di denti”, chi può capire capisca !