Con l’ordinanza n. 1117 del 2 luglio 2025, il TAR Piemonte ha accolto il ricorso presentato da CGIL e da alcune associazioni femministe, ordinando la chiusura della cosiddetta “stanza dell’ascolto” – uno spazio attivato presso l’ospedale Sant’Anna di Torino in convenzione tra la Regione Piemonte e un’associazione pro-vita. Secondo il Tribunale amministrativo, tale spazio sarebbe stato in contrasto con la legge 194/1978, in quanto avrebbe rappresentato una indebita pressione psicologica sulle donne intenzionate ad abortire.

La decisione del TAR appare, tuttavia, fortemente discutibile e sintomatica di un clima culturale e giuridico sempre meno tollerante verso ogni proposta alternativa all’aborto. La “stanza dell’ascolto” non imponeva nulla: offriva semplicemente un’opportunità di dialogo e sostegno a chi, nel dramma della gravidanza indesiderata, desiderasse valutare anche vie diverse dalla soppressione del nascituro. Non un’imposizione, ma un’offerta. Non un condizionamento, ma una possibilità.

È paradossale che, in un’epoca in cui si invoca incessantemente il pluralismo e il diritto all’autodeterminazione, si neghi alle donne l’accesso a un’informazione completa e a un supporto umano che non coincida con l’interruzione volontaria della gravidanza. La libertà di scelta – tanto sbandierata – si riduce, così, a una libertà diretta in un’unica direzione: quella dell’aborto.

La legge 194/1978, che pure viene richiamata come baluardo dei diritti femminili, contiene al suo interno (art. 5) l’invito esplicito a ricercare soluzioni alternative all’aborto. In tale ottica, l’attività delle associazioni pro-vita dovrebbe essere letta non come un’ingerenza, ma come un’attuazione concreta di quella parte spesso dimenticata della norma, che chiama le istituzioni a “rimuovere le cause che porterebbero la donna all’interruzione della gravidanza”.

Colpire spazi di ascolto e accoglienza con lo stigma dell’illegittimità giuridica è, nei fatti, una scelta ideologica. È la conferma di un processo culturale che mira a silenziare ogni voce dissonante rispetto al dogma dell’aborto come diritto assoluto e incontestabile.

La sentenza del TAR Piemonte, più che tutelare un diritto, finisce per mortificare la libertà vera: quella di chi desidera essere aiutato a scegliere per la vita.

23670cookie-checkIl TAR chiude la “stanza dell’ascolto”: quando la libertà vale solo per abortire

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