Mario Draghi ha preferito non prendere posizione riguardo alla Nota verbale della Santa Sede. C’è dietro il pressing dell’UE?
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Indice
- Mario Draghi ha deciso di non prendere posizione sul ddl Zan
- La Nota verbale della Santa Sede e la posizione di Mario Draghi
- Il fine del ddl Zan
- Il nuovo art. 604 bis c.p dopo l’approvazione del ddl Zan
- Art. 2 dell’Accordo del 1984
- Il ddl Zan limiterà l’azione e l’organizzazione delle associazioni
- L’entrata a gamba tesa della Commissione europea contro l’Ungheria
Mario Draghi ha deciso di non prendere posizione sul ddl Zan
Il Presidente del Consiglio Mario Draghi, ieri, nell’Aula del Senato della Repubblica, in relazione alla Nota verbale della Santa Sede, ha affermato:
“Mi preme ricordare che il nostro è uno Stato laico, è uno Stato laico, non è confessionale, quindi il Parlamento ha tutto il diritto di discutere e legiferare”. Ma dopo questa premessa, Draghi ha rimarcato: “Ma ora tocca al Parlamento, la palla passa al Parlamento“.
Mario Draghi ha tra l’altro aggiunto:
“Cito una sentenza della Corte Costituzionale: La laicità non è indifferenza dello Stato rispetto al fenomeno religioso, è tutela del pluralismo e della diversità“.
Draghi, nel suo intervento ha richiamato pretestuosamente la laicità dello Stato, per non prendere posizione sul ddl Zan.
Eppure dovrebbe essere proprio il governo a dover dettare la linea politica di una legislatura!
Le regole di ingaggio del governo di scopo di Mario Draghi, peraltro, (eterogeneo nei suoi componenti) non ci sembra che prevedessero l’approvazione di leggi su temi divisivi come il ddl Zan.
Tuttavia le pressioni di una certa Europa, che impone, come vedremo più avanti, agli Stati sovrani, quali leggi approvare o meno, per poter ottenere sovvenzioni e aiuti, condiziona e anche molto.
La Nota verbale della Santa Sede e la posizione di Mario Draghi
La Nota della Santa Sede, tuttavia, per essere chiari, non è da considerarsi un’ingerenza della Chiesa negli affari dello Stato italiano, bensì la giusta riproposizione di un proprio diritto, sancito da un Accordo, di poter liberamente svolgere la propria missione pastorale.
La Santa Sede aveva, infatti, evidenziato correttamente nella “nota verbale”, il pericolo insito nel ddl Zan, non solo in riferimento alla propria missione pastorale, ma anche e soprattutto in riferimento alle ricadute sociali che il ddl avrà sui più piccoli, basti pensare all’obbligatorietà dell’educazione gender nelle scuole.
Il premier Mario Draghi, però, trincerandosi dietro una pretestuosa laicità dello Stato, come detto, non ha preso posizione sul ddl Zan, non ritenendo neppure di dover fare ricorso all’art. 14 dell’Accordo che prevede di affidare la ricerca di un’amichevole soluzione tra lo Stato Italiano e la Santa Sede ad una Commissione paritetica, qualora sorgano difficoltà di interpretazione o di applicazione delle disposizioni contenute nell’Accordo.
In poche parole tutti compatti e uniti a favore del ddl Zan, seppur con qualche distinguo nell’ambito dei partiti di maggioranza.
Il pretesto che, tuttavia, aveva fatto infiammare gli animi, perché contrario al politically correct, era stato fornito dalla Santa Sede.
Contenuto della “nota verbale” della Santa Sede
La Santa Sede, infatti, attraverso una ‘nota verbale’ della Segreteria di Stato consegnata il 17 giugno scorso all’ambasciatore italiano presso la Santa Sede è intervenuta sulla proposta legislativa del disegno di legge contro l’omotransfobia, attualmente all’esame della commissione Giustizia del Senato.
La Santa Sede ritiene, a ragione, che:
“alcuni contenuti attuali della proposta legislativa in esame presso il Senato riducono la libertà garantita alla Chiesa Cattolica dall’articolo 2, commi 1 e 3 dell’Accordo di revisione del Concordato”.
E’ la prima volta che la Chiesa interviene durante l’iter di approvazione di una legge, esercitando le facoltà previste nei Patti Lateranensi.
Perché la Santa Sede ha deciso di intervenire per vie diplomatiche proprio per questo disegno di legge che riguarda l’omotransfobia?
La ragione è semplice.
Il fine del ddl Zan
Come più volte abbiamo rilevato il ddl Zan è un dispositivo ideologico e pedagogico che ha l’eminente scopo di trasformare la nostra antropologia.
I mezzi di cui ci si servirà dopo l’approvazione del ddl, per attuare tale strategia, saranno, :
a) la propaganda nelle scuole e negli enti pubblici dell’ideologia gender.
b) la formazione della popolazione, soprattutto la formazione degli studenti minorenni a tale ideologia.
3) la punizione del dissenso.
Preoccupa, infatti, nel ddl Zan proprio la punizione del dissenso, che si tradurrà nella denuncia per atti che il ddl non determina e non specifica;
non è evidente, infatti, in modo tassativo e determinato, quando un comportamento sarà da considerare un incitamento alla discriminazione fondata sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere, quando, cioè, si violerà la norma.
La punizione del dissenso provocherà giocoforza, su tali temi, una limitazione della libertà di espressione e di critica per timore di incorrere in una querela.
Ma chi valuterà la fondatezza dell’accusa di discriminazione?
Sarà un giudice, dopo un processo; tuttavia, sarà proprio il processo la vera pena che si troverà a scontare chi dovesse essere denunciato.
Il nuovo art. 604 bis c.p dopo l’approvazione del ddl Zan
Con l’entrata in vigore del ddl Zan anche le associazioni, le organizzazioni e i movimenti e i loro partecipanti rischieranno forti sanzioni.
Il nuovo art. 604 bis c.p. n. 2 previsto dal ddl Zan, infatti, se approvato avrebbe questo tenore:
È vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, oppure fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità. Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell’assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da uno a sei anni.
Proprio per tali motivi la Santa Sede a sensi dell’art.2, commi 1 e 3 dell’Accordo del 1984 di revisione del Concordato ha preso posizione contro il ddl Zan.
Art. 2 dell’Accordo del 1984
L’Accordo prevede, infatti, all’art. 2 comma 1, che:
1. La Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione.
In particolare è assicurata alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica.
Alla Chiesa, infatti, è garantito dallo Stato Italiano il Munus Docendi , che è la funzione di insegnare e di educare alla fede cattolica, ma anche,
il Munus santificandi, che è la funzione di santificare per mezzo di atti di culto pubblico di cui i sacramenti sono la parte principale.
Ma non è tutto.
Il comma 3 dell’art. 2 dell’Accordo tra lo Stato Italiano e la Santa Sede, prevede, che:
3. È garantita ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
Il ddl Zan limiterà l’azione e l’organizzazione delle associazioni
Il ddl Zan, come detto, inciderà pesantemente proprio nei confronti di quelle associazioni o organizzazioni che volessero contrastare, con la loro azione pubblica, una visione antropologica basata sul gender.
Non mancherebbero, peraltro, riflessi preoccupanti del ddl Zan sull’azione di evangelizzazione e di apostolato della Chiesa cattolica e dei suoi fedeli, tanto da limitarne sotto molti aspetti la libertà di espressione e di insegnamento.
Ha fatto bene, pertanto, la Santa Sede a rilevare un conflitto del ddl Zan con l’art. 2 comma 1 e 3 dell’Accordo tra Stato Italiano e Santa Sede.
Spiace, però, riscontrare che lo Stato italiano, per mezzo del suo premier Mario Draghi, sembra aver rimandato al mittente il puntuale rilievo della Santa Sede, ma sottostare ai diktat di una certa Europa, che non ci piace, significa anche questo.
L’entrata a gamba tesa della Commissione europea contro l’Ungheria
La stessa Commissione europea, infatti, proprio ieri, ha criticato aspramente una legge approvata dal Parlamento ungherese che vieta la raffigurazione o la promozione dell’omosessualità tra i minori.
Il testo di legge si scontra con «i valori fondamentali dell’Unione europea», ha spiegato in un comunicato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
Ursula von der Leyen ha definito la legge «una vergogna» perché «discrimina le persone a seconda del loro orientamento sessuale».
In una lettera inviata a Budapest, la Commissione europea ha precisato che la norma rischia di essere in violazione della «libertà di espressione», e del «diritto a una vita privata e di famiglia».
Se “i valori fondamentali dell’Unione europea” sono questi, cioè il promuovere il gender nelle scuole, considerare l’aborto un diritto umano, promuovere l’utero in affitto, l’adozione gay, l’eutanasia, il self Id, etc, certamente non sono i nostri valori ed è una vergogna, questa sì, che codesta Europa, nata dalle radici cristiane, possa promuovere questa ideologia che degrada l’umano.
È vergognoso, questo sì, che questa Unione Europea ricatti uno Stato sovrano ad omologare le sue leggi alla deriva morale politically correct, da essa imposta, pena l’espulsione dalla UE e il non accesso ai fondi di solidarietà.
Eppure la legge ungherese ha la colpa di stabilire che «la pornografia e i contenuti che ritraggono la sessualità o promuovono la deviazione dell’identità di genere, il cambiamento di sesso e l’omosessualità non devono essere accessibili ai minori di 18 anni».
Sorge spontanea, allora, una domanda:
Perché la nota della Santa Sede è stata considerata un’ingerenza e quella della Commissione europea nei confronti di uno Stato sovrano com’è l’Ungheria è considerata, invece, cosa buona e giusta?
La verità è che siamo soggiogati da un subdolo totalitarismo…ma, purtroppo, in pochi lo comprendono.
Ma non è “subdolo totalitarismo” è sfacciato !
Faccio i migliori auguri a questa associazione nascente, il suo lider L’avvocato Giancarlo Cerrelli è esempio di coerenza e coraggio nella difesa della Verità ! Dio gli benedica !