È stato identificato l’uomo che ha aggredito i due ragazzi gay nella metropolitana di Roma. Poche ore prime aveva litigato con una donna. L’uomo sarebbe conosciuto per i suoi comportamenti aggressivi e violenti. Non è stata omofobia, ma la sinistra, ha usato tale fatto, certamente da riprovare, per chiedere l’immediata approvazione della legge anti omofobia, conosciuta come ddl Zan. Di seguito, un breve commento critico alla proposta di legge anti omofobia approvata alla Camera e ora in Commissione Giustizia al Senato.

L’aggressione dei ragazzi gay nella metropolitana di Roma. Non è stata omofobia!

Non è stata l’omofobia il movente dell’aggressione dei due ragazzi gay nella metropolitana di Roma, come era stato evidenziato nei giorni scorsi dai mezzi di comunicazione, suscitando una forte ondata d’indignazione, ma è stato l’esito del carattere violento e aggressivo di un uomo, che aveva, anche, litigato qualche ora prima con una donna presso l’aeroporto di Venezia e per tale motivo aveva perso il volo per Roma, che poi ha raggiunto in treno.

L’uomo che ha aggredito i due ragazzi gay è stato identificato e denunciato per lesioni e ingiurie, oltre ad essere stato sanzionato per aver attraversato i binari della stazione. L’uomo, è stato accertato, non è nuovo a comportamenti violenti e aggressivi.

La strumentalizzazione della vicenda da parte della sinistra e dei mezzi di comunicazione.

Perché tale vicenda deve destare la nostra attenzione?

Dapprima per dare onore alla verità. Tale aggressione, erroneamente e speriamo non artatamente, è stata presentata, da una vasta platea di mezzi di comunicazione, come un’aggressione con un movente omofobo, al contrario, “stranamente”, nei giorni seguenti, gli stessi mezzi di comunicazione, hanno fatto passare sotto silenzio la verità dei fatti emersi all’esito delle indagini, che hanno ridimensionato i motivi dell’aggressione.

In secondo luogo, il fatto deve destare la nostra attenzione perché i due ragazzi gay aggrediti – sostenuti dalla Rete Lenford, rete di avvocati che si occupa dei diritti LGBT – denunciando l’aggressione, (che è certamente da riprovare come lo sono del resto tutte le aggressioni), hanno chiesto, alle autorità di P. S. che la stessa fosse rubricata come aggressione avente un movente omofobo. Cui prodest? A che pro?

È facile arguirlo. Nonostante l’identificazione dell’aggressore, abbia fatto rilevare che il movente dell’aggressione non è stato omofobo, ma è stato determinato dal carattere violento dell’uomo, le organizzazioni gay e i partiti di sinistra, non hanno perso occasione per invocare a gran voce una rapida approvazione della legge anti-omofobia, che è stata già approvata in prima lettura alla Camera dei Deputati il 4 novembre 2020 e il cui testo attualmente è all’esame della Commissione giustizia presso il Senato della Repubblica.

Perché la legge anti-omofobia è pericolosa e inutile

Di seguito faremo un breve riassunto delle ragioni che rendono pericolosa e inutile una eventuale legge anti-omofobia; esaminiamo, di seguito, brevemente il ddl Zan approvato alla Camera e che ora è al Senato.

Di una legge come quella che il parlamento vorrebbe approvare non abbiamo bisogno perché attualmente nel nostro ordinamento giuridico sono già presenti norme volte a tutelare la dignità e il decoro delle persone e la loro integrità fisica e psicologica, quali, ad esempio, i delitti contro la vita (art. 575 e seguenti. cod. pen.), contro l’incolumità personale (art. 581 e seguenti cod. pen.), i delitti contro l’onore, come la diffamazione (art. 595 cod. pen.), i delitti contro la personalità individuale (art. 600 e seguenti cod. pen.), i delitti contro la libertà personale, come il sequestro di persona (art. 605 cod. pen.) o la violenza sessuale (art. 609 e seguenti. cod. pen.), i delitti contro la libertà morale, come la violenza privata (art. 610 cod. pen.), la minaccia (art. 612 cod. pen.) e gli atti persecutori (art. 612-bis cod. pen.); sono altresì previste nel Codice Penale circostanze aggravanti, tra le quali i motivi abietti o futili nell’art. 61, comma 1, n.1, l’aver agito con crudeltà nell’art. 61, comma 1, n.4, e tutto ciò già ricomprende anche i reati cui si fa riferimento nel testo del disegno di legge.

Non servono nuove categorie di reati, le disposizioni di legge attuali sono sufficienti.

Non sussiste, invero, nel nostro ordinamento alcun vuoto legislativo quanto alla tutela delle persone da eventuali discriminazioni per motivi di “sesso, genere, orientamento sessuale o identità di genere”, (cfr. art.1 d.d.l. Zan); queste ultime, peraltro, sono categorie nuove, che si vorrebbero far entrare nel nostro ordinamento giuridico e di cui persino la Commissione affari costituzionali ne ha rilevato l’indeterminatezza e la genericità, incompatibili con le caratteristiche di tassatività che deve avere una norma penale.

Per giunta, la proposta di legge in esame configurerebbe una tutela rafforzata per le persone LGBT, dando in tal modo luogo a una discriminazione a danno di soggetti che sono socialmente vulnerabili (gli anziani, gli obesi, i disoccupati, ecc.). 

La legge anti-omofobia che si propone di prevenire ogni forma di violenza lesiva della dignità, dell’integrità e dell’onorabilità, ma anche dell’immagine di ogni persona senza alcuna distinzione, crea, di fatto, una categorizzazione, creando nuove minoranze.

Le disposizioni di legge esistenti, del resto, sono sufficienti per tutelare le aggressioni e le violenze anche ai danni di persone omosessuali, non c’è bisogno di ampliare il catalogo delle norme penali.

La proposta di legge anti-omofobia mina la libertà di espressione.

Il disegno di legge all’esame del Senato, tra l’altro, mina la nostra libertà di espressione e può arrivare, una volta diventato legge, a comminare pene severissime, financo la reclusione fino a 6 anni (cfr. art. 2 del d.d.l. Zan che modifica l’art. 604 bis 2 c., c.p.), per chi ad esempio non si riconosca nel modello culturale politicamente corretto sui temi del matrimonio gay, dell’utero in affitto, dell’indottrinamento gender nelle scuole, delle adozioni gay (art. 2 d.d.l Zan).

Ma non è tutto; dall’eventuale approvazione del testo di legge in parola, con la sentenza di condanna il giudice può disporre ai sensi dell’art. 5 del Ddl, facendo riferimento alla legge Mancino (art. 1 bis L. 26 aprile 1993 n. 122):

  • l’obbligo di rientrare nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora entro un’ora determinata e di non uscirne prima di un’altra ora prefissata, per un periodo non superiore a un anno;
  • la sospensione della patente di guida, del passaporto e dei documenti di identificazione validi per l’espatrio per un periodo non superiore a un anno;
  • il divieto di detenzione di armi proprie di ogni genere;
  • il divieto di partecipare in qualsiasi forma ad attività di propaganda elettorale per le elezioni politiche o ammnistrative successive alla condanna, e comunque per un periodo non inferiore a tre anni, nonché, se il condannato non si oppone, la pena accessoria dell’obbligo di prestare un’attività non retribuita in favore della collettività per finalità sociali o di pubblica utilità (servizi sociali presso comunità Lgbt).

La legge anti-omofobia apre la strada a un indottrinamento gender degli studenti

Appare, inoltre, preoccupante, l’art. 8 del disegno di legge anti-omofobia che affida all’ufficio competente la elaborazione “con cadenza triennale” di “una strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere”;

–      che, dunque, alla stregua di detta norma, la anzidetta strategia dovrà recare “la definizione degli obiettivi e l’individuazione di misure relative all’educazione e all’istruzione…”

–      che appare, pertanto, palese in detta previsione il rischio di un indottrinamento ideologico pro “gender” dei bambini e dei giovani, fasce particolarmente vulnerabili della società, con palese e grave violazione del diritto – dovere dei genitori di educare i propri figli, costituzionalmente tutelato (art. 30), quindi in spregio della libertà di educazione.

La posizione della Chiesa Cattolica

Anche la Conferenza Episcopale Italiana che con un proprio comunicato datato 10 giugno 2020 ha affermato che: “un esame obiettivo delle disposizioni a tutela della persona, contenute nell’ordinamento giuridico del nostro Paese, fa concludere che esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio”, e inoltre che “anche per questi ambiti non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni”. Ha, piuttosto, evidenziato che: “un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui – più che sanzionare la discriminazione – si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione, come insegna l’esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni al cui interno norme simili sono già state introdotte. Per esempio, sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma – e non la duplicazione della stessa figura – significherebbe introdurre un reato di opinione. Ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso”.

La proposta di legge in esame si palesa, dunque, non come uno strumento di tutela, bensì, di repressione del dissenso.

Detta proposta, infatti, tende ad immettere, come detto, nell’ordinamento un vero e proprio reato di opinione, basato sulla vaghezza del concetto di discriminazione, da un lato, e sulla violazione del principio di legalità/tassatività delle fattispecie (art. 25 Costituz.), dall’altro;

Il rischio per le associazioni pro life e pro family di essere poste fuori legge.

L’Interprete della norma, qualora, desse un’interpretazione irragionevole e incostituzionale della legge anti-omofobia, sarebbero a rischio anche le Associazioni pro life o pro family, e ciò in forza della proposta introduzione della messa fuori legge degli enti con finalità “discriminatorie” fondate sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere (art. 604 bis C.P.);

–      che l’applicazione delle pene sopra menzionate rischia di minare fortemente  la libertà di esprimere liberamente il proprio pensiero, garantita dall’art. 21 della Costituzione (si pensi alle affermazioni dirette, per esempio, a sostenere la famiglia formata di uomo e donna), in tal modo alimentando un clima intimidatorio che non trova giustificazione di essere, né per motivazione né per il numero di situazioni segnalate.

Non è sufficiente la norma “salva idee” per scongiurare la pericolosità della legge anti-omofobia.

Non è, peraltro, sufficiente, infine, l’art. 4 del DDL Zan denominato norma salva idee, che apparentemente cerca di tutelare il pluralismo delle idee e che tuttavia, non basta per stare tranquilli, come qualcuno vorrebbe farci credere. Tale articolo del DDL, infatti, risulta molto generico e non tutela la libertà di espressione, perché non indica quali tassativamente devono essere i comportamenti da censurare, lasciando, peraltro, una massima discrezionalità al giudice di valutare se un comportamento sia idoneo o meno a soggiacere alla pena prevista dal DDl. 

L’espressione ivi contenuta “purché non idonee” è assai debole; riguarda il pensiero, sganciato dalla intenzione, dal tempo e dal contesto.

Fin qui un brevissimo excursus del ddl Zan, già approvato dalla Camera dei Deputati.

L’approvazione della mozione della Lega Salvini contro il ddl Zan da parte del Consiglio Comunale di Crotone

Significativa, tuttavia, è stata, il 2 dicembre 2020, l’approvazione da parte del Consiglio Comunale di Crotone della mozione contro il ddl Zan, presentata dalla consigliera Marisa Luana Cavallo, Capogruppo della Lega Salvini di Crotone, che è stato uno dei casi più recenti con una rilevanza pubblica contro l’approvazione della legge anti-omofobia.

Conclusione

La sinistra e la lobby gay spingono per l’approvazione della legge anti omofobia, con un chiaro obiettivo: porre le basi pedagogiche e rieducative per decostruire i pilastri della convivenza sociale, attraverso un “mutamento della struttura sociale in modo del tutto artificiale, che prevede, tra l’altro, l’abolizione dal nostro ordinamento giuridico dei termini padre, madre, marito e moglie, com’è già avvenuto in Spagna e in Francia e di cui anche in Italia si avvertono i segnali”.

Come abbiamo visto questa legge non solo è inutile, perché le persone omosessuali sono, come tutte le altre persone, tutelate pienamente dal nostro ordinamento giuridico, ma è anche una legge che metterebbe a repentaglio la nostra libertà di espressione.

È, pertanto, necessario non lasciarsi irretire dai pretesti ideologici della sinistra a favore dell’approvazione di una legge anti-omofobia, che è giusto contrastare con forza per tutelare quegli spazi di libertà che, al giorno d’oggi, sono sempre più limitati.


Per approfondire:

11150cookie-checkL’aggressione ai gay: pretesto per fare la legge-anti omofobia.
4 pensiero su “L’aggressione ai gay: pretesto per fare la legge-anti omofobia.”

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